L’annuncio del prossimo viaggio di Obama a Cuba darà il via, come al solito, ad una montagna di parole dette e soprattutto scritte, che avranno tutte un unico denominatore: dimostrare il cedimento di Cuba nei confronti degli Stati Uniti e del modello capitalista. Pubblichiamo un primo articolo che propone il punto di vista opposto. Altri ne pubblicheremo nei prossimi giorni per offrire innanzitutto strumenti di comprensione, ma anche di discussione, ai nostri amici, che sono gli amici di Cuba

I CINQUE MITI CHE IL VIAGGIO DI OBAMA A CUBA SMANTELLA

Il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha confermato ieri che si recherà a Cuba alla fine di marzo e sarà così il primo presidente a visitare l'isola da circa 80 anni.
La visita sarebbe il sigillo finale del cambio di politica iniziato il 17 dicembre 2014 e che senza dubbio sarà una delle più grandi eredità in tema di politica estera dell'attuale amministrazione democratica.

La notizia, che ha fatto il giro del mondo in primo luogo come una ipotetica voce e poi ratificata dalla Casa Bianca, smantella alcuni dei principali miti che hanno circolato per più di mezzo secolo di separazione e contraddittorio:
1. C'è un motivo per cui gli americani non dovrebbero visitare Cuba
E' chiaro che il viaggio di Obama non ha finalità turistiche, la categoria che fu vietata dalla legge di Riforma delle Sanzioni Commerciali e Ampliamento delle Esportazioni del 2000. Tuttavia, nessuno esclude che nei due giorni in cui Obama visiterà il Paese possa scoprire la ricchezza culturale del popolo cubano o osservare le bellezze naturali di una vicina isola che è stata esclusa dalle mete dei suoi viaggiatori per più di mezzo secolo.
Il segretario di Stato nordamericano, John Kerry, è rimasto impressionato dall'Hotel Nacional durante la sua visita lo scorso agosto, ha camminato per le strade di L'Avana e ha guidato una Chevrolet Impala  del 1959.

Se il presidente degli Stati Uniti, forse la persona più sorvegliata del mondo, può prendere l'Air Force One e atterrare a L'Avana senza niente più che un invito da parte delle autorità dell'isola, perché il resto dei cittadini non possono fare lo stesso?
2. Cuba viola i diritti umani


Questo è il mantra di coloro che vogliono giustificare come filantropica la crociata politica di aggressione che ha avuto inizio nel 1959 a fronte dell'avanzata di una Rivoluzione socialista nel suo "giardino di casa" e che continua con gli stessi obiettivi politici anche se con metodi diversi.
La propaganda è stata martellante e attraverso tutti i mezzi immaginabili, soprattutto dopo il crollo del campo socialista, che ha permeato anche la realpolitik dopo gli annunci dopo del 17 dicembre.
Solo pochi mesi fa, Obama ha fatto dichiarazioni assicurando che avrebbe valutato la possibilità di visitare Cuba, ma a certe condizioni. Una di queste, ha detto, era "per parlare con tutti."
Forse i suoi consiglieri gli ricordarono che il discorso dell'ex presidente Jimmy Carter dall'Aula Magna dell'Università dell'Avana nel maggio 2002 fu trasmessa in diretta dalla televisione cubana. Non c'è altro modo per parlare con più cubani di quello.
"Se, di fatto, posso dire con sicurezza che stiamo assistendo a progressi nella libertà e nelle possibilità da parte dei cubani, vorrei sfruttare la visita come un modo per sottolineare questo progresso", ha indicato il presidente come un'altra delle condizioni.
Da allora Cuba non ha adottato nessuna misura afferente ai diritti acquisiti durante il processo rivoluzionario, quelli riconosciuti da tutto il mondo.
Il viaggio conferma che da molto tempo, forse dal gennaio 1959, Cuba rispetta le "condizioni" per essere visitata da qualsiasi presidente, molto oltre la necessità pur indiscutibile di continuare ad espandere le libertà economiche, politiche e sociali conquistate in uno scenario di aggressione e che senza dubbio si amplieranno se questo contesto cambierà.

 

3. Obama ha fatto tutto quello che poteva
Dal momento in cui il democratico Bill Clinton firmò nel 1996 la legge Helms-Burton, il presidente degli Stati Uniti ha perso la possibilità di porre fine al blocco contro Cuba, ma il governo di allora fu abbastanza intelligente da lasciare uno spazio di manovra.
La funzionaria della Casa Bianca per la sicurezza nazionale, Ben Rhodes, che faceva parte dei negoziati segreti con L'Avana che hanno portato alla normalizzazione delle relazioni, ha confermato questa domenica a Washington ciò che la parte cubana ha difeso fin dall'inizio: Obama ha il potere esecutivo di fare molto più di quanto non abbia fatto finora.
Durante un evento organizzato presso l'Istituto di Pace nella capitale statunitense dal Consorzio Cuba al quale ha avuto accesso la stampa cubana accreditata, Rhodes ha affermato che l'amministrazione Obama valuta altre modifiche normative aggiuntive che possono essere fatte nel quadro della legge corrente.
Non siamo ancora riusciti a collegare la nostra nuova politica nei confronti di Cuba con le trasformazioni in atto in questo Paese affinché si consolidino gli affari e si abbia un effetto sulla gente, ha detto. "Questo è ciò che vuole il presidente". "Vogliamo aprire il più possibile e crediamo che sia ancora possibile fare di più", ha aggiunto. "Questo crea una dinamica irreversibile".

4. Il cambio nei confronti di Cuba ha un alto costo politico
Gli analisti discutono se il limite del presidente è il costo politico, la preoccupazione di andare contro la legge o la sua strategia per smantellare il sistema politico e sociale cubano.
Il presidente Barack Obama ha una base di appoggio per continuare a smantellare il blocco, il principale ostacolo alle relazioni tra Cuba e Stati Uniti, ha affermato mercoledì a Washington il ministro cubano del Commercio Estero e Investimento Straniero, Rodrigo Malmierca, alla sua controparte americana, Penny Pritzker. "Non siamo ingenui" ha detto Malmierca, "sappiamo che la rimozione del blocco pone problemi politici per l'amministrazione, specialmente in un anno di elezioni. Ma esiste un forte sostegno per continuare ad avanzare non solo nella società americana, ma anche nel Congresso, da parte di membri di entrambi i partiti".
Al pari degli annunci del 17 dicembre, la notizia che Obama si recherà a Cuba è stata salutata come un simbolo di pace, come un contributo per soddisfare una annosa esigenza da parte della stragrande maggioranza dei Paesi del mondo che all'Assemblea Generale della Nazioni Unite richiedono la revoca del blocco". E 'difficile immaginare altre decisioni del governo degli Stati Uniti che possano raggiungere una tale unanimità nel mondo.

5. Il potere onnipotente dell'estrema destra di Miami
La morte della tesi che l'estrema destra di Miami, in particolare i legislatori di origine cubana, tenessero completamente sotto sequestro la politica degli Stati Uniti nei confronti di Cuba, ha cominciato a sgretolarsi quando i presidenti Obama e Raul Castro hanno annunciato al mondo che erano pronti a muoversi nel senso della normalizzazione delle relazioni tra i rispettivi Paesi. Anche se quegli stessi deputati e senatori sono rimasti al potere, la comunità cubana della Florida e soprattutto di Miami ha subito radicali trasformazioni.
Con due cubanoamericani alle primarie repubblicane, entrambi contrari al riavvicinamento con Cuba, il viaggio di Obama a fronte dello scenario elettorale è quanto meno una prova di forza che ancora conserva la Casa Bianca per gestire la politica estera degli Stati Uniti.

"Poteva avere un senso prima, ma Cuba sta cambiando", ha detto Rhodes, rispetto al blocco, ai membri del Consorzio Cuba, dopo aver riconosciuto che molti cubanoamericani radicali avevano cambiato la loro posizione. "La questione è: far parte del cambiamento oppure no."
Ha citato l'esempio dell'ex Segretario del Commercio che ha assunto la presidenza del Consiglio degli Affari Stati Uniti-Cuba.

Forse niente illustra meglio i cambiamenti che si sono verificati negli ultimi anni della storia di questo imprenditore di origine cubana che guidò la multinazionale alimentare Kellogg's e finì per far parte dell'amministrazione di George W. Bush e della Commissione di Assistenza per una Cuba Libera, l'ingerente organismo incaricato di coordinare una presunta transizione politica nell'Isola.

"Gli americani viaggiano", ha detto Rhodes, "e vediamo che i cubani vogliono il miglioramento delle relazioni tra Cuba e Stati Uniti". Ha anche menzionato un sondaggio di un quotidiano statunitense che parla di un 95% che appoggia il disgelo delle relazioni.
Sergio Alejandro Gómez

http://www.cubahora.cu/politica/cinco-mitos-que-desmonta-el-viaje-de-obama-a-cuba